domenica 7 novembre 2010

'U Fedda


Si chiamava Gaetano Capitone, detto 'U Fedda, il Fella, non da un erroneo metafonico spostamento – forse da falla? - ma per l’abnorme, pelosa fetta di culo che traboccava dall’orlo dei pantaloni troppo larghi, caduti molto sotto alla vita. Quando la moglie, in un impeto d’intraprendenza osava farglielo notare, lui rispondeva fiero: Vieeeeru è che ho dimagrito?!
U’ Fedda feteva di panelleria, l’azienda di famiglia che gli era toccata dalla spartizione dei possedimenti paterni: a lui la friggitoria di Borgo Vecchio, una caverna maleodorante dal Paleolitico e forse prima; a Tony la barca, per uscire in mare, una bagnarola di assi fradice tenute insieme da ruggine e volontà di Dio; a Mariuccia niente perché era fimmina.
Nelle torride serate d’estate friggeva le panelle a petto nudo, offrendo allo sguardo atterrito dei turisti alemanni l’agghiacciante spettacolo di un seno oltre misura: l’invidia di tutte le preadolescenti del rione Tribunale. A volte dalla Cala spirava un leggerissimo scirocco: allora, grazie al caldo non così spietato U’ Fedda tirava fuori dal cassetto del comò il meglio della sua gioielleria e lo spargeva sul petto. La maggior parte delle volte, però, il vento si placava in pochi attimi e nel giro di due ore – anche a causa degli schizzi d’olio che gli rimbalzavano sulla pancia – il seno prospero di peli gli si riempiva di piaghe rosse e bolle, che lui sopportava, stoico.
Per verificare la temperatura dell’olio, affinché fosse perfetta per una frittura dorata e croccante, a scelta ci sputava o ci sudava su.

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