venerdì 19 novembre 2010

Paola Caruso, ovvero, viva il lieto fine!



La vicenda di Paola Caruso si è conclusa con un finale felice, per una volta: le vittorie, un ripristino delle condizioni di salute dalla giornalista (che è la cosa più importante, in assoluto) e un incontro chiarificatore con la redazione del Corriere, dal quale, credo di aver capito, potrebbe essere uscito un contratto. Ma al cinico popolo di Internet, pare, i finali a lieto fine non piacciono. Forse ci si attendeva l’ennesima martire, o forse il significato della parola “chiarificatore” del distico “incontro chiarificatore” viene associato con un vago senso di sconfitta o di resa, come se confrontarsi con “l’avversario” sia un errore da esseri spurii, di per sé. E poiché a dare giudizi scevri di ragionamento, “di panza”, per usare un francesismo, siamo buoni tutti, vorrei provare a condividere qualche riflessione.

1) Già a poche ore dall'inizio dello sciopero della fame di Paola, i blog e i social network pullulavano di gufi: gente che, dopo nemmeno POCHE ORE, era stufa di sentir parlare di quella vicenda, argomentando che chi se ne interessava erano “pecoroni” ignari di ciò che facevano. Ma perché? Se leggo su Internet che c'è una giornalista (una GIORNALISTA) in sciopero della fame, tanto che l'indomani ne hanno parlato anche le agenzie, di quali altre autorevoli fonti ho bisogno, prima di condividerla? Mah.
2) Dal momento che la vita si svolge anche FUORI INTERNET, nel giro di pochi giorni, molte cose si sono mosse, soprattutto nei dintorni di Milano, credo; per esempio, Paola è stata invitata a partecipare a tavole rotonde, che sono un modo perfetto per discutere di un problema, mi pare, no? Uno parla, si confronta, impara cose che non sapeva, torna a casa con delle opinioni. Non so cosa sia, né chi ci sia dietro, ma anche L'ALG (Associazione Lombarda dei Giornalisti) ha invitato la Caruso a prendere parte a future iniziative.
3) Da un punto di vista strettamente “contrattuale”: ammesso che sia vero che la Caruso ha ottenuto un contratto, in che modo la vicenda avrebbe dovuto concludersi, se non in modo individuale? Forse che lei avrebbe potuto stilare un elenco di probi/ae viri/puellae e proporlo all'attenzione De Bortoli? O, meglio, PER PRINCIPIO, avrebbe dovuto rifiutare una proposta di contratto (così si sarebbe conservata casta e pura!) e da morta di fame la sua voce sarebbe stata più autorevole? 
4) Strettamente connesso al primo, non è che siamo allenati, anzi, ASSUEFATTI a forme di protesta perdenti in partenza, così che appena incontriamo battaglie che vanno a buon fine la nostra insopprimibile richiesta di lamentele è, inevitabilmente, frustrata e noi ci sentiamo comunque insoddisfatti? Perché uno per diventare un simbolo (anche temporaneo) deve essere necessariamente morto? Forse perché morendo ci sottraiamo al peso di sostenere, coi nostri discorsi e le nostre azioni, le altrui attese? Avrebbe forse Paola dovuto rifiutare il cibo sino alla morte? Forse sì, dal un punto di vista “purista”, e vengo all'ultimo punto,
5) MORENDO, Paola avrebbe attivato i giornali?! Quella sì che sarebbe stata una notizia degna di nota (Nessuna scrivania avrebbe potuto fingere di non aver ricevuto il take, perché se ne sarebbe parlato dalle Alpi alle Piramidi). Ma che sacrificio inutile! Dal momento che, tempo due ore e ci siamo già dimenticati di premier che vanno a mignotte (Vedi sistema Italia) e ex-presidenti di regione condannati per mafia (Vedi sistema Sicilia)!

Allora, scusate, sento puzza di supponenza promanare da tutti quelli che in queste ore reagiscono con travaglio alla notizia di un lieto fine: ed è la supponenza, tipica dei settori culturali, che consente ai grandi gruppi di assumere in partenza una posizione dominante rispetto ai singoli individui. In altre parole, non siamo capaci di fare gruppo (come fanno i metalmeccanici o i raccoglitori di pomodori, per dire) perché siamo troppo impegnati a ritenerci migliori degli altri. Insomma, è il narcisismo culturale che ci impedisce di essere forti, perché chi è narciso è anche snob e autocelebrato e chi è autocelebrato, spesso,  se ne infischia degli altri e di conseguenza è anche solo, e ricattabile.
Un’ultima cosa, adesso che tutto è finito bene: bisogna fare in modo che questa esperienza non rimanga isolata, perché il finale sia davvero lieto. Bisogna condividere quello che abbiamo imparato e fare gruppo. E per fare gruppo non è detto che serva sempre uno sciopero della fame. Quando vuoi, Paola incontriamoci in osteria!

1 commento:

  1. ERRATA CORRIGE:
    Non ci sarebbe nessun nuovo contratto. Ma c'è la riammissione, con la possibilità di portare a termine il vecchio incarico. Vi sembra poco? Era così scontato che Paola ritrovasse il suo posto, dopo essere uscita "sbattendo la porta", come dice un'amica su FB?
    O forse sarebbe stato più semplice, più "consueto", considerarla una piantagrane e mandarla a casa, senza tanti saluti?

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