La
vicenda di Paola Caruso si è conclusa con un finale felice, per una volta: le
vittorie, un ripristino delle condizioni di salute dalla giornalista (che è la
cosa più importante, in assoluto) e un incontro chiarificatore con la redazione
del Corriere, dal quale, credo di aver capito, potrebbe essere uscito un
contratto. Ma al cinico popolo di Internet, pare, i finali a lieto fine non
piacciono. Forse ci si attendeva l’ennesima martire, o forse il significato
della parola “chiarificatore” del distico “incontro chiarificatore” viene
associato con un vago senso di sconfitta o di resa, come se confrontarsi con “l’avversario”
sia un errore da esseri spurii, di per sé. E poiché a dare giudizi scevri di
ragionamento, “di panza”, per usare un francesismo, siamo buoni tutti, vorrei
provare a condividere qualche riflessione.
1)
Già a poche ore dall'inizio dello sciopero della fame di Paola, i blog e i
social network pullulavano di gufi: gente che, dopo nemmeno POCHE ORE, era
stufa di sentir parlare di quella vicenda, argomentando che chi se ne
interessava erano “pecoroni” ignari di ciò che facevano. Ma perché? Se leggo su
Internet che c'è una giornalista (una GIORNALISTA) in sciopero della fame,
tanto che l'indomani ne hanno parlato anche le agenzie, di quali altre autorevoli
fonti ho bisogno, prima di condividerla? Mah.
2)
Dal momento che la vita si svolge anche FUORI INTERNET, nel giro di pochi
giorni, molte cose si sono mosse, soprattutto nei dintorni di Milano, credo;
per esempio, Paola è stata invitata a partecipare a tavole rotonde, che sono un
modo perfetto per discutere di un problema, mi pare, no? Uno parla, si
confronta, impara cose che non sapeva, torna a casa con delle opinioni. Non so
cosa sia, né chi ci sia dietro, ma anche L'ALG (Associazione Lombarda dei
Giornalisti) ha invitato la Caruso a prendere parte a future iniziative.
3)
Da un punto di vista strettamente “contrattuale”: ammesso che sia vero che la
Caruso ha ottenuto un contratto, in che modo la vicenda avrebbe dovuto
concludersi, se non in modo individuale? Forse che lei avrebbe potuto stilare
un elenco di probi/ae viri/puellae e proporlo all'attenzione De Bortoli? O,
meglio, PER PRINCIPIO, avrebbe dovuto rifiutare una proposta di contratto (così
si sarebbe conservata casta e pura!) e da morta di fame la sua voce sarebbe
stata più autorevole?
4)
Strettamente connesso al primo, non è che siamo allenati, anzi, ASSUEFATTI a
forme di protesta perdenti in partenza, così che appena incontriamo battaglie
che vanno a buon fine la nostra insopprimibile richiesta di lamentele è,
inevitabilmente, frustrata e noi ci sentiamo comunque insoddisfatti? Perché uno
per diventare un simbolo (anche temporaneo) deve essere necessariamente morto?
Forse perché morendo ci sottraiamo al peso di sostenere, coi nostri discorsi e
le nostre azioni, le altrui attese? Avrebbe forse Paola dovuto rifiutare
il cibo sino alla morte? Forse sì, dal un punto di vista “purista”, e vengo
all'ultimo punto,
5)
MORENDO, Paola avrebbe attivato i giornali?! Quella sì che sarebbe stata una
notizia degna di nota (Nessuna scrivania avrebbe potuto fingere di non aver
ricevuto il take, perché se ne sarebbe parlato dalle Alpi alle Piramidi). Ma
che sacrificio inutile! Dal momento che, tempo due ore e ci siamo già
dimenticati di premier che vanno a mignotte (Vedi sistema Italia) e
ex-presidenti di regione condannati per mafia (Vedi sistema Sicilia)!
Allora,
scusate, sento puzza di supponenza promanare da tutti quelli che in queste ore reagiscono
con travaglio alla notizia di un lieto fine: ed è la supponenza, tipica dei
settori culturali, che consente ai grandi gruppi di assumere in partenza una
posizione dominante rispetto ai singoli individui. In altre parole, non siamo
capaci di fare gruppo (come fanno i metalmeccanici o i raccoglitori di pomodori,
per dire) perché siamo troppo impegnati a ritenerci migliori degli altri. Insomma,
è il narcisismo culturale che ci impedisce di essere forti, perché chi è
narciso è anche snob e autocelebrato e chi è autocelebrato, spesso, se ne infischia degli altri e di
conseguenza è anche solo, e ricattabile.
Un’ultima
cosa, adesso che tutto è finito bene: bisogna fare in modo che questa
esperienza non rimanga isolata, perché il finale sia davvero lieto. Bisogna
condividere quello che abbiamo imparato e fare gruppo. E per fare gruppo non è
detto che serva sempre uno sciopero della fame. Quando vuoi, Paola incontriamoci
in osteria!
ERRATA CORRIGE:
RispondiEliminaNon ci sarebbe nessun nuovo contratto. Ma c'è la riammissione, con la possibilità di portare a termine il vecchio incarico. Vi sembra poco? Era così scontato che Paola ritrovasse il suo posto, dopo essere uscita "sbattendo la porta", come dice un'amica su FB?
O forse sarebbe stato più semplice, più "consueto", considerarla una piantagrane e mandarla a casa, senza tanti saluti?