lunedì 18 ottobre 2010

Appuntamento col lattaio

Ogni mattina tendo l’orecchio alla porta. È di pasta di legno rivestita di una sottile lamina d’acero. Ho paura che si sciolga, quando piove: tra il vialetto e la parete c’è solo un metro di veranda, ma la parola promette più di quanto non possa mantenere. A volte dalle fessure tra la parete di cartongesso e lo specchio ci passa tanta luce che mi sveglio. L’imbotte è ammaccato in più punti e certi giorni in cui fa molto caldo l’alluminio si piega e non riesco più nemmeno a chiudere i battenti. Insomma, l’ingresso della mia umile dimora è uno schifo ma la cosa ha anche qualche vantaggio.  <br /> tag Ogni mattina, quando tendo l’orecchio alla porta e la bicicletta clanga vicina, sempre più vicina, ogni mattina, quando trattengo il fiato come se il conducente della bicicletta possa sentirmi e predisporsi alla fuga, ogni santa mattina, quando brucio il caffè per la paura di distrarmi e voltare leggermente il mento e allungare il braccio proprio quando arriva l’unico momento della giornata che vale la pena di aspettare, ogni mattina, quando il lattaio conducente della bicicletta, distratto dalla musica pop che esplode dalle cuffie del suo iPod invece di poggiare delicatamente la mia di bottiglia di latte sulle scale la scaglia contro il legno, manco fosse la palla dell’ultima meta, ogni mattina in cui io afferro la maniglia, scanso il tappetino-welcome, mi lancio fuori tuffandomi di pancia nel disperato tentativo di prenderla al volo, ogni stracazzo di mattina in cui la bottiglia manca di un pelo la mia traiettoria e mi sguscia via, sfracellandosi contro al primo gradino, ogni mattina in cui io guardo i miseri resti della bottiglia di latte e il lattaio ignaro di tutto che pedala lontano svoltando l’angolo, ogni mattina io dico a me stesso: “Domani la prendo!” e ho un motivo per vivere.

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